"Risulta quasi un luogo comune degli studi su Piero della Francesca il fatto che l'artista non incontrò una solida fortuna letteraria, non ricevette in vita l'affermazione in ambito umanistico che spettò invece ad artisti della medesima levatura, come per esempio ad Andrea Mantegna o alla maggior parte dei maestri fiorentini. Effettivamente, il fatto di non aver vissuto a lungo a contatto con una città come Firenze, vera capitale artistica del primo Rinascimento italiano, e soprattutto di non essersi radicato fin da giovane in un centro nel quale la cultura umanistica ebbe notevole rigoglio può aver in qualche modo influito su un certo silenzio letterario, che a lungo circondò l'opera pittorica del grande maestro. È vero però che nel momento in cui l'artista trovò la sua piena affermazione a Urbino, a partire dal settimo decennio del Quattrocento, le voci che si levarono a celebrare la sua opera non furono assolutamente rare o avare di elogi. Se a Firenze non esiste quindi in pratica una vera fortuna letteraria di Piero, a Urbino questa fu invece consistente e non certo inferiore a quella di artisti di analoga levatura: segno che la gloria di Piero fu percepita subito come un fatto che trovava il suo radicamento e i suoi duraturi riflessi proprio alla corte di Urbino ai tempi di Federico da Montefeltro. Fu proprio lì del resto che Piero, come vedremo più avanti, dopo molto peregrinare trovò la sua base operativa..." (Dall'introduzione)